Intervista – il Baro : 10 anni di QB

Entro in casa del mio vecchio amico Baro e subito la fedele Uffa mi da un caldo benvenuto. Facendo lo slalom tra i numerosi giocattoli disseminati per terra e accolto dal sano rumore provocato dai due marmocchi che girano per casa, ripenso a quando, quasi quindici anni fa, mi intrattenevo pomeriggi interi in compagnia del Baro in un appartamentino di Valtesse ad ascoltare reggae (in particolare Abbyssinians,Israel Vibration e Burning Spear) a parlare di musica o semplicemente a cazzeggiare, sport di cui eravamo professionisti.
E da questo pensiero che prendo spunto per la prima banale, quanto importante domanda:

Baje:”Come mai dopo così tanti anni, durante i quali è successo di tutto, lauree, matrimoni, figli ed esperienze che ci hanno segnato indelebilmente, ci troviamo ancora a parlare di reggae? Che cosa ha di così tanto speciale?”
Baro:”Forse perché è un genere musicale adatto ad accompagnare le esistenze, nel senso che il levare, nella sua regolarità, nella sua tranquillità per lo meno per quanto riguarda il roots che mi piace particolarmente, lo trovo un genere adatto allo sviluppo della vita e quindi anche dei rapporti interpersonali.
Infatti prima di parlare di reggae, parlavamo di ska in un periodo della nostra vita in cui eravamo più “agitati” e poi è venuto il reggae, in tutte le sue sfaccettature, dal dub che mi interessa di più alla dancehall che mi interessa un po’ meno, però di fatto ha contraddistinto e scandito le nostre esistenze e penso che continuerà a farlo..
Magari non sempre nella forma del sound system o di far serate impegnative però sarà sempre una costante.”

Baje: “Dato che hai parlato di quel periodo in cui eravamo più “agitati”e si viveva al ritmo dello ska, parlami un po’ dei Plazmon, una delle tappe fondamentali nel tuo percorso musicale e artistico..
Baro: “E’ stata un’esperienza molto utile. Io ho scritto pezzi con metriche Hip-Hop già da fine del ‘93 e per tutto il ‘94 in una crew che non ha mai concretizzato i suoi sforzi in una produzione seria , si chiamava L.A.Crew in cui militavamo io, Jopparelli e un po’ di altra gente.
Io avevo questi testi in mano e mi sono accorto poi che, quando ho messo insieme i Plazmon, un po’ ispirato anche dai Casinò Royale nel loro passaggio dallo ska a quel guazzabuglio che era stato “Dainamaita” che per me è stato l’ album più importante per la mia formazione musicale, mi sono accorto che in fondo quei testi erano adatti per essere cantati su quel tipo di ska che c’era negli anni ’90, uno ska molto spinto, di matrice più europea piuttosto che jamaicana.
Ecco quella è stata una palestra nel periodo in cui io ero al liceo. Nel fine settimana facevamo i bagagli e giravamo in lungo e in largo per andare a suonare in ogni posto. A Bergamo già dagli inizi del ’96 avevamo suonato ovunque e poi nel ’97,’98,’99 abbiamo girato l’Italia facendo più di 300 concerti.”

Baje:”C’è un concerto che ricordi in modo particolare…?
Baro: “Ce ne sono tanti, ma uno che mi viene sempre in mente è quello al Lazzaretto alla festa delle scuole, forse il nostro penultimo concerto, tutti in giacca e cravatta e mi aveva fatto effetto, oltre che per la quantità di gente che c’era, anche per il fatto che tutte le prime file cantavano, mimavano con la bocca i testi delle canzoni e questo per me è stato abbastanza impressionante. Anche l’ultimo a Celadina è stato una bomba e , infine, la reunion dopo dieci anni al BergamoreggaeSunfest dell’anno scorso è stata molto bella.”

Baje: “Quindi c’è stato un gruppo o un album in particolare che ti ha molto segnato…”
Baro: “Dainamaita dei Casinò Royale è stato davvero determinante.In quegli anni ’93-’94 i Casinò Royale passavano dallo ska a quel guazzabuglio di crossover, dal reggae alla musica elettronica, al dub, all’hip-hop, tenevano insieme tutto e lo tenevano bene. Per quanto riguarda il reggae non c’è un artista o un album in particolare, però c’è tutta una parte di reggae che va dal roots al rub-a-dub fino dub che mi ha ispirato profondamente. Dallo scioglimento dei Plazmon per circa un annetto si era presa l’abitudine di frequentare la domenica sera la sala prove del Pacì dove avvenivano delle jam session con circa 10-12 musicisti e vari Mc in cui anche per 4-5 ore si andava avanti a suonare e lì si è radicato in me e in altri la passione per questo tipo di reggae e per il reggae in generale. Mi sono abituato a quelle sonorità, a cantarci sopra fino al 4 dicembre 2001 dove una sera, al vecchio tassino, ho esposto delle mie tele, fors’anche una delle prime volte che esponevo dei miei lavori, e contestualmente decisi di accompagnare la mostra suonando un po’ tutta la mia collezione di cd che avevo acquisito negli ultimi anni ..”

Baje: “Quindi è questa, fisicamente, la tua prima esibizione da selecter?”
Baro: “Si , mi ero portato un po’ di cd ska, reggae e rock-steady il tutto supportato da due lettori cd scrausi. Quella sera sono passati il King Burnin, Willy Valanga, Da Major e un po’ di gente amica e , dopo qualche mese, abbiamo fondato il Quintetto Base, composto appunto da Me, il King Burnin, Willy , DaMajor e il Fra. Ancor prima del Quintetto Base c’era stato comunque già un po’ di movimento e iniziative con “Wake the town” con Fabri, Tuli , Angi e la Linda con un paio di dance, serate e ospitate. Già ai tempi delle Jam session nella sala prove del Pacì c’era questo fermento e anche se poi ognuno ha intrapreso percorsi musicali e di vita differenti è stato un periodo molto utile per capire tutta una serie di cose, dall’organizzazione degli eventi, al funzionamento degli impianti, come muoversi in generale nel mondo della musica e anche per affinare un po’ i gusti. Cosa non trascurabile sono stati i viaggi che in quel periodo, prima io e il Fabbri, poi il Fausto e via dicendo, abbiamo intrapreso per far incetta di dischi che qui a Bergamo erano praticamente introvabili.”

Baje:”Qualche evento “grosso” che ricordi di quel periodo?”
Baro: “Mi ricordo un Jah Shaka non organizzato da noi, ma in cui il Fabbri aveva suonato a Milano in mezzo alle zanzare in una cascina improbabile: quello è stato davvero una bomba.
Poi un King Shiloh venuto al Pacì che aveva montato tutto il sound, tre piramidi di colonne di casse , incredibile.
Questo era ll periodo degli albori di Quickly Burnin , perché da Quintetto Base ci siamo evoluti in questa nuova esperienza composta inizialmente solo da me , King Burnin e Willy Valanga, che però era concentrato anche e più sul suo percorso Hip-Hop.
L’idea di mantenere le iniziali QB nel nome veniva da King Burnin. Appunto in quel periodo ci sono stati degli eventi importanti con un po’ di gente che collaborava tra cui BreddaP e tra le tante serate ricordo MackaB, Yellowman, Mad Professor, Prince Allah, Asher selecter ma già a quel punto ci si avvicina al periodo più recente in cui poi sarebbe nata l’associazione Bergamoreggae.”

Baje: ”Entrando nello specifico riguardo a Quickly Burnin, qual’è secondo te il marchio distintivo di questo sound, quella qualità che identifica maggiormente il tuo sound rispetto ad un altro?”
Baro:” Penso un paio di fattori che si incrociano.
Prima di tutto la qualità e il modo in cui gli Mc hanno trattato il microfono, abbiamo sempre avuto rispetto del mezzo del microfono.
Quindi abbiamo interpretato il modo di fare Mc nel suo ruolo originario: in parte intrattenitori, in parte cantanti sempre con l’intento però di far passare determinati messaggi. non solo dicendo alla massive di scuotere il culo o alzare gli accendini a mo’ di strillone.
A questa attenzione per il microfono abbiamo affiancato uno stile di suono mai fermo: partendo dal presupposto che ci piace il roots ,il dub e il rub-a-dub ci siamo sempre evoluti, tanto che negli ultimi tempi non disdegniamo di suonare neanche la jungle, genere che io e il Talpa riteniamo essere l’evoluzione migliore del roots, rispetto al nostro modo di intendere il roots.
Ad esempio il dub inglese è un evoluzione anch’esso del roots, ma a mio parere un po’ troppo cupa, dark, ripiegata su se stessa, mentre la jungle mantiene ancora un sapore festaiolo, in cui comunque gli Mc sono presenti.
So che non tutti possono essere d’accordo col mio modo di vedere la cosa. Quindi un suono mai fermo e, come io amo chiamarlo, atipico.
Un ultimo passaggio importante è comunque la costruzione del proprio sound: inizialmente abbiamo acquistato un sound già fatto da 3000watt da una balera, poi ci siamo “gentilmente appropriati” di un sound in una fiera abbandonata, King Burnin in particolar modo si è dato da fare e alla fine lo abbiamo costruito ed è stato un passaggio diciamo innovativo per la città.
E’ vero che è difficile da trasportarlo e comporta alcune problematiche ma ti porta molte soddisfazioni.”

Baje: “Come mai secondo te il reggae a Bergamo, con i suoi alti e bassi, è comunque così radicato in città? Come mai il terreno è così fertile qui e la massive si è evoluta in un determinato modo, a parere mio più “profondo”? “
Baro:”Si sono d’accordo. E’ una questione in parte culturale, in parte legata alla natura dei nostri conterranei.
Non so, proprio per come ti dicevo all’inizio, il reggae lo trovo un genere musicale, rispetto ad altri generi, molto legato alla natura umana, adatto ad accompagnare l’esistenza delle persone nella loro crescita.
I bergamaschi sono un po’ come i baschi, gente che per essere conquistata ha bisogno di un po’ di tempo.
E’ una teoria antropologica un po’ ardita, ma è come se il reggae avesse conquistato la nostra amicizia.
Il reggae è un genere duro da digerire, ma una volta che l’hai accettato, digerito e messo dentro di te è difficile da mandar via. Qui a Bergamo ha tenuto ed ha “infettato” altre persone. Poi non so, anche il fatto che ci sia un gruppo amicale che gira intorno a questa cosa contribuisce ad un buon sviluppo del fenomeno. Pensiamo inoltre che il reggae a Bergamo come movimento è nato col roots e ,bene o male, i ragazzi bergamaschi sono roots nella vita. Qui la scena non è stata come in altre città in cui il reggae è arrivato col new roots e la dancehall.
Questi generi sono arrivati anche qua e si sono fusi o evoluti in diversi modi, ma la base era roots.“

Baje: “Dato che abbiamo affrontato alcune parentesi della tua vita legata alla musica, dai Plazmon alla nascita ed evoluzione di Quickly Burnin, parlami di un fenomeno che ti sta molto a cuore: l’Hardens Street dream…”
Baro :”Per me l’Hardens è stata una svolta importante perché ho potuto trasmettere tutta una serie di cose che ho raccolto durante la mia esistenza.
Il fatto di poter trasmettere le proprie esperienze e i propri saperi, senza alcuna spocchia o presunzione di aver capito tutto nella vita, non è solo un diritto, ma anche un dovere.
Il fatto di aver incontrato delle persone giovani con delle qualità umane altissime è stato un privilegio e mi è sembrato il minimo indispensabile coinvolgerle con una serie di modalità che ritenevo giuste e vedo che c’ho preso.
Ora anche loro stanno intendendo la musica nella maniera in cui la vedo io, ossia non avendo come obbiettivo primario il business, ma prendendo come punto di riferimento altri obbiettivi molto più alti piuttosto che diventare famosi o fare i soldi.
Questi erano i valori che hanno spinto una parte della mia generazione e loro adesso stanno facendo lo stesso… “

Baje: “Appunto, come stanno andando i progetti di questi giovani?”
Baro:”Bene, diciamo che come Hardens si sono formate altre sotto-crew che producono, producono bene, producono con coscienza senza fare rap ignorante che si vede in giro adesso.
Hanno un grado di consapevolezza molto più alto rispetto ai loro coetanei e rispetto alla merda che sento in giro sia per quanto riguarda le produzioni che per quanto riguarda le liriche e l’atteggiamento che hanno .
Mi piacerebbe che Bergamoreggae trovasse dei giovinastri di questa qualità da tirar su.
La vedo proprio come una necessità per andare avanti.“

Baje:”E’ anche per questo che nasce l’idea di una BGreggae University..”
Baro: “E’ una buona idea se con umiltà si cerca di trasmettere le proprie conoscenze, competenze, la propria passione a persone possibilmente più giovani. La vedo come una prospettiva necessaria.”

Baje:”Cosa ti piace ti più e di meno, allo stato dei fatti, del reggae attuale in Italia e a Bergamo?”
Baro:” Davvero, la natura degli Mc e dei sound system che si ispirano alla scena roots e dub londinese li salvo quasi tutti, gli altri sound hanno MC che mi sembra che scimmiottino gli Mc ignoranti della scena hip-hop e l’atteggiamento di molti sound lo vedo indirizzato verso questa direzione.
Osservo faide e scontri che poco hanno a che vedere con il senso di unità che è stato alla base di questo genere. Anche la dancehall stessa e il bashment li vedo come uno scimmiottare un certo hip-hop che non mi piace e siccome conosco entrambe i generi nella mia testa ho ben chiaro cosa salvare e cosa no. Mi piace chi continua a sforzarsi nel credere nel roots e nel dub, chi ha cercato di dare nuova linfa o di intraprendere nuove strade, chi comunque continua a spingere dischi anche molto vecchi.
Apprezzo anche chi, pur non amando il genere che amo io, fa comunque uno sforzo artistico nel produrre roba nuova in questo senso, con coscienza e criterio, anche se fosse musica house: chi ci mette del nuovo ma con un’attenzione al contenuto.
Non possiamo svuotare la musica di quel bagaglio culturale che si è sempre portato appresso, faremmo un peccato mortale, anzi… originale. “

Baje:”Quanto è importante che Bergamo abbia un proprio festival come è il BergamoreggaeSunfest?”
Baro:”E’ importantissimo , è un presidio da mantenere. Tra l’altro se si dovesse configurare l’idea o la necessità di dover lasciare la città, non dico quest’anno , ma in un futuro, ci sarebbero vantaggi e svantaggi.
Da una parte potrebbe essere una cosa positiva perché finalmente avremmo la possibilità di organizzare un festival con campeggio e strutture serie, con alcuni rischi annessi, ma dall’altra mi dispiacerebbe lasciare la città perché noi ci chiamiamo Bergamoreggae e la maggior parte dei sound ha sempre gravitato intorno alla città.
Comunque il Sunfest lo vedo sempre come un potenziale in crescita. Il BergamoreggaeSunfest è proprio un’isola felice del panorama musicale della nostra città, sia che ti piaccia il reggae sia che non ti piaccia, anche solo come forma di aggregazione gratuito. Il bello è che comunque è molto locale: anche se invitiamo gente a suonare da tutte le parti, abbiamo proprio il nostro stile di fare le robe e si vede che è fatto da Bergamoreggae e dalla gente di Bergamo.”

Baje:”Accenniamo appunto due parole sull’associazione Bergamoreggae, quali prospettive vedi per l’associazione?”
Baro:”La Bergamoreggae è nata come una crew allargata di sound system. Per il futuro credo sia utile fare un’operazione di “chiarezza” rispetto alla massive più o meno dotta bergamasca sul percorso di menagement e organizzativo degli eventi che abbiamo parallelo come associazione. Sarebbe utile una sorta di “operazione verità” per far capire alla gente che noi non facciamo solo i promoter e che non ci siamo sbilanciati troppo, anche se sembrerebbe, solo su quel fronte.
Chiarire che magari l’associazione, o una parte di essa, si occupa più di quell’aspetto e il resto è ancora un gruppo di sound che manda avanti una grande crew, che, ovvio, più è complessa, più è piena di cose da fare, più si deve strutturare. Certo è che per tanti questo spirito originario non è che si è perso, però è un po’ scemato. Non è da mettere in dubbio l’intento positivo dell’associazione, ma va chiarito a noi stessi innanzitutto e a chi ci segue che è ancora quello ciò che ci manda avanti e ci spinge.
Poi sul piano artistico organizzare bene dei concerti e serate non vuole dire fare un lavoro artistico, ma senza dubbio un lavoro impeccabile dal punto di vista organizzativo.
E’ proprio la differenza tra un selecter e un produttore: spesso un selecter diventa anche un produttore proprio perché acquisisce gusto nel continuare a selezionare buoni dischi.
Noi, dopo aver selezionato buoni artisti, buoni sound e buoni live, sarebbe finalmente tempo che parte delle nostre energie e delle nostre risorse le impiegassimo nella produzione di nuova musica, oppure nella promozione di nuovi artisti, che non vuol dire solo organizzare dei buoni concerti, ma far registrare della roba nuova da far mandare in giro nelle forme più orizzontali e gratuite possibili .
Questo è tutto ed è per questo che mi ricollego al concetto dell’Hardens: io lì ho lavorato semplicemente un po’ come un coach, incentivando la produzione di cose nuove, poi su 100 cose, 8 vengono bene.”

Baje:”In conclusione, 10 anni di Quickly Burnin, che dire….”
Baro:”E dai, 10 anni per un sound sono tanti, anche se ho in parte esaurito le mie energie nel sostenere questo sound, però tutto sommato lo teniamo in vita: ora anche grazie alle nuove leve e sempre con buoni Mc, il Plaste e FayaB, col Ponzi che facendo del suono atipico non poteva che finire in QB, King Irie che sta cominciando a produrre delle cose interessanti, io quando posso canticchio ancora qualcosa.
Anzi colgo l’occasione per ringraziare in particolare il selecta King Irie, che negli ultimi anni ha tenuto alto il nome e lo stile di QB Insomma 10 anni sono tanti e visto che poi abbiamo contribuito a gettare le basi di quella che è la scena bergamasca sono contento e orgoglioso di aver mandato avanti in una città di presi male questa roba.
Abbiamo tenuto agganciata alla contemporaneità una città che non se n’è mai tanto accorta.“

Baje:” Seba, ti piace il reggae?”
Seba:”No!”
Si sa che non sempre i figli seguono le orme dei padri.

Baje:”Tu Leo hai qualcosa da dire?”
Leo:”Ma-Ma”
Chiarissimo….